martedì 4 settembre 2012

Pochi ma buoni

Meglio una bella schiena che una brutta faccia.
Devo un doveroso articolo al mio allenatore, anche perchè se non lo faccio rischio di non essere più messo in squadra del team "pochi ma buoni"...

Avevo lasciato un piccolo indizio, in un post precedente, di qualcosa che stavo preparando per mia pura passione.
Da un po' di tempo tre strani personaggi si aggiravano correndo sui sentieri della regione: di giorno e di notte, sotto la pioggia o peggio la grandine, macinando chilometri e dislivelli.

Una preparazione che ci ha permesso d'apprezzare ancora una volta la nostra bella regione.
L'obiettivo era la partecipazione al primo Trail Ticino: una competizione un pochino estrema, ma di grande fascino che su un percorso di 58 km nella versione "corta" e in 117 km su quella lunga ci ha permesso di confrontarci in una personalissima sfida.

Ho piacere di raccontarvela a modo mio per stimolarvi a voler affrontare i nostri sentieri anche per tratti più brevi, ma sempre di grande bellezza e magari per allargare la rappresentanza dalpese che correrà l'edizione 2013.
Mi scuso per la lunghezza del post, ma come sempre non è obbligatorio leggerlo tutto e nessuno verrà interrogato. Convengo anche che è questo "un articolo autocelebrativo", ma che importa? Come ho già avuto modo di scrivere altre volte il blog è mio e ne faccio quello che voglio.

L'appuntamento è per il 4 agosto 2012 . Stefano, Giacomo e chi scrive si ritrovano ai nastri di partenza ad Airolo con l'obbiettivo di percorre i 117 km e 8500 m di dislivello della competizione.
Non splende il sole e la temperatura è ideale per correre. Alle 08.00 si parte verso la frazione di Valle, per poi entrare in Val Canaria. Si sale nel fitto bosco su un primo ripido sentiero, il gruppo di poco meno di 80 corridori comincia ad allungarsi e l'umidità nell'aria si fa sentire. Ai monti di Cè un paio di persone ci guardano con un punto di domanda stampato in faccia come per dirci -ma chi ve lo fa fare?-.
Ancora su, con la voglia di toccare un cielo sempre più plumbeo.

Il profilo della gara
Passo la bocchetta di Föisch e poco dopo vengo ripagato vedendo la zona della Piora e la diga Ritom che attende placida il nostro passaggio.
Fatta la discesa incontro il primo punto di controllo dopo due ore di corsa: gentilissime/i le volontarie/i che offrono tutto il necessario per ripartire belli carichi. Nel frattempo Stefano e Giacomo mi hanno già dato un quarto d'ora di distacco, ma non fa nulla, applico il primo consiglio che mi aveva dato in allenamento Stefano: vai con il tuo passo, costante, regolare, come un trattore. E nelle ore seguenti non sarà solo necessario essere un trattore con le trazioni in salita, ma anche avere ottimi freni in discesa.

A metà lago si risale verso Cadlimo per poi incontrare la prima difficoltà: la nebbia, che per fortuna cerca d'ostacolarci per poche decine di minuti, ma sufficenti a creare qualche problema nel seguire i pur generosi segni del tracciato.
Dopo una nuova salita si scende ancora dal ripido sentiero che conduce alla Capanna di Cadagno. Sotto una leggera pioggia raggiungo la tendina del secondo punto di controllo attorno le 13.10. Anche qui veniamo accolti da buon umore e dopo il rifornimento si riparte al suono di un campanaccio agitato da un aprezzato sostenitore.

La strada verso il Passo delle Colombe e il debole dislivello concedono un po' di tregua, il contorno delle montagne mi tranquillizza e si fa prezioso alleato per preparmi alla discesa su Acquacalda. Un sentiero tecnico, con scalini importanti da superare tra sassi scivolosi ed erba bagnata e un paesaggio spettacolare.

Dietro di me il vuoto, davanti un corridore solitario si allontana con agilità. Io vado più adagio e penso d'essere l'ultimo.
Arrivo ad Acquacalda e ricevo un'incoraggiante notizia: non sono l'ultimo, ma dietro ho staccato alcune decine di colleghi.
La pioggia ha smesso e riparto senza mettere nulla in più sopra la maglietta e i calzoncini: errore che mi costerà un po' di energie.
Poco dopo il sentiero si fa ripido, la pioggia ricomiuncia con forza e ad ogni riale mi devo fermare e valutare ogni passo.
Mi aggancio ad una copia di corridori che arrivano dalle Dolomiti e in un paesaggio surreale percorriamo un pezzo di strada insieme. Non felice di mitragliarci con gocce di fredda pioggia, il cielo ci riversa un bel temporale addosso. Vedo un fulmine e conto quanti secondi passano prima di sentire il tuono; valuto una distanza di circa 700/1000 metri da dove è caduta la saetta.
Aumento il ritmo motivato da un infantile retaggio di paura dei temporali (ma credo fosse, in questo caso giustificato) e alle 18.10 arrivo alla capanna di Piandioss fradicio, con braccia e gambe rosse dal freddo e le mani indolenzite, ma sempre motivatissimo.
Mangio, bevo l'impossibile, mi cambio e indosso la mia nuovissima giacca recuperata in saldi con un affare storico e che si dimostrerà molto efficente.
Tiro fuori dallo zaino il mio unico "dopping:" un contenitore di miele e mi faccio la mia preziosa dose di zuccheri.
Un altro gentile volontario mi aiuta a riposizionare il pettorale e mi da una pacca sulle spalle che vale oro!

Clicca sulla cartina per vedere il percorso completo
Riparto e mi perdo per cinque minuti tra una decina di mucche che mi osservano compassionevoli.
Un altro dislivello di circa 100 metri mi porta alla Bassa del Nara e penso che ora si scende verso Faido.
La fatica si fa sentire su una discesa insidiosa, mettendo più sforzo a scendere che a salire; vengo subito "accontentato" con un nuovo dislivello positivo per raggiungere Stou di Sotto.
Finalmente si scende verso la base vita di Faido che è stata anche punto di partenza per i colleghi della 58 km alle 10 di mattina.
Davanti a me vedo parte del tracciato che mi attende sull'altro versante della valle: le maestose montagne, avvolte dalle nuvole sembrano non volersi concedere, ma lo spettacolo è impagabile.
Comincio a valutare cosa fare arrivato a Faido e dopo alcuni chilometri prendo la mia decisione: se il cielo si apre e la pioggia sembra voler concedere una tregua continuo, in caso contrario valuterò l'abbandono.
In effetti sento che le gambe sono un po' stanche dal continuo "frenare" e tenere la discesa, ma la mente è fresca e riesco a valutare bene ogni cosa e apprezzo quanto sto facendo. Credo poi che le endorfine naturali che produce il nostro corpo sotto sforzo stiano facendo il loro dovere: sto bene!

Arrivo a Carì e percorro uno dei rari tratti asfaltati in compagnia di due vileggianti della zona rallentando un pochino e scambiando qualche parola. Mi chiedono il percorso della gara e come è andata fino a questo momento. Non capisco se guardano i corridori come se fossero dei matti o degli alieni, ma il loro incoraggiamento è sincero e riparto infilandomi nella notte che sta scendendo accentuata dal bosco.

Entro in uno stato di piacevole solitudine provato più volte durante la giornata che mi ha permesso di svuotare la mente, sentire la pioggia, l'aria, la terra.
Ogni suono è piacevole, i miei passi mi accompagnano, gli alberi regalano odori.
Il sentiero si è fatto scivoloso e ritorno alla realtà, la pioggia ricomincia con intensità e penso a dove saranno Stefano e Giacomo.
Facendo due calcoli credo che dovrebbero aver passato da tempo Dalpe e sono contento per loro che saranno stati sicuramente accolti  e incoraggiati dagli amici che li attendevano.

Giunto a Faido, la meteo non mi concede la grazia e devo decidere: la mente e le gambe ci sono, ma la prospettiva di correre tutta la notte sotto l'acqua, il rischio d'infortunarsi e il pensiero che a casa qualcuno mi aspetta con qualche preoccupazione mi fa prendere la decisione più difficile e chiudo la mia sfida dopo 60 km di fatica, ma soprattutto di puro piacere di vivere in modo particolare la montagna.

Più tardi vengo a sapere che Stefano e Giacomo sono andati alla grande e hanno tenuto le prime posizioni fino al Passo Vanett, dove qualche crampo ha avuto la meglio su Giacomo e che saggiamente ha saputo fermarsi pure lui e ritornare a casa a Dalpe.

Stefano sarà invece un vero alieno e porterà alto il nome di Dalpe chiudendo la gara in 22 ore e 49 minuti, in quarta posizione assoluta, in seconda della sua categoria e in prima della categoria "pochi ma buoni" di Dalpe...
Insomma, un risultato eccezionale!
Dopo aver raggiunto la Capanna Leit ha continuato la gara attraverso il Campo Lungo e il suo Passo, scendendo a Fusio, costeggiando il lago Sanbuco per poi salire al Naret e buttarsi in seguito verso Bedretto. Risalendo ancora tra gli alpi della Valle Bedretto per arrivare a Pesciüm ed affrontare l'ultima discesa su Airolo e finalmente tagliare il traguardo!
Scrivere questo pezzo di gara fatto solo da Stefano è costato poche righe, ma farlo...!

A Faido, mia moglie mi fa trovare un comitato d'accoglienza di famigliari che mi fa molto piacere, tra i quali Kilian e Alessio, e mi riportano a casa.

In auto, salendo verso Dalpe, penso che è stato bello, troppo bello e la voglia di riprovarci nel 2013 stà già riempiendo il serbatoio della mia motivazione.

Qui si chiude questo forse un po'noioso e patetico post, ma chi ha provato un'esperienza simile sa bene quali sensazioni volevo trasmettervi e spero d'aver messo la voglia a qualche mio lettore di percorre i sentieri dell'alto Ticino e non solo.

Dedico il mio lungo "articolo" a Stefano, il mio preparatore atletico (promettendogli di dare maggiori soddisfazione nella prossima edizione del Trail Ticino), ad Anna che ha coltivato la mia forza mentale e mi ha sostenuto quando era importante farlo, a Giacomo che sarà sicuramente della partita ancora la prossima volta, a Nelda per l'sms di sostegno ricevuto nel momento più duro della gara, agli organizzatori e agli eccezionali volontari incontrati sul percorso e a tutti gli amici e familiari che mi hanno dato del matto, ma mi hanno motivato in ogni modo.


Giacomo, Stefano, io.